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Lo Yoga come disciplina

Questo è un brano che trasmette molto bene il senso della disciplina dello Yoga. La disciplina come stile di vita che richiama determinate energie interne, che non ci fa sentire né migliori né diversi dagli altri ma, semplicemente, più soli. Non la solitudine del nevrotico che indulge nel lamento, ma quella condizione esistenziale della persona che ha fatto una scelta di vita. Scelta che è impegno costante e volontà di significato, portata avanti senza fatica né doverismi, ma con 'equilibrio' e 'armonia', per usare un paio di termini della citazione qui riportata. La disciplina non è rigidità, ma volontà saggia nel cogliere gli opposti che la vita ci mette davanti e sapersi muovere tra di loro, con piacere e una sana direzionalità.  

"Giorno dopo giorno, lo Yogi cura l'armonia dell'anima in un luogo appartato, in profonda solitudine, padrone della propria mente, senza desiderare nulla, senza aspettarsi nulla. La sua anima è silenziosa al cospetto dell' Assoluto. Lo Yoga è armonia. Non è per chi mangia troppo, nè per chi mangia troppo poco; non è per chi dorme troppo poco, nè per chi dorme troppo. Esso è armonia nel mangiare e nel riposare, nel sonno e nella veglia: è l'equilibrio in qualunque cosa si stia facendo. Questo è lo Yoga che dà sollievo da tutti i dolori. Quando la mente dello Yogi è in armonia e trova riposo nella pace interiore, tutti i desideri e le inquietudini si dissolvono e si realizza l'unificazione con il Divino. L'anima dello Yogi è come una lampada che brilla con luce ferma perchè arde al riparo da tutti i venti."

Bhagavad Gita VI: 10-19


Che cosa è lo Yoga?

Lo Yoga è una Via esigente, difficile, quasi impossibile. È la via del ridimensionamento dell'Ego. In ogni momento della mia vita infatti ho due possibilità: ridimensionare l'ego o rinforzarlo. Non ci sono alternative, perché come dice Gesù, 'un servo non può servire due padroni'. Rinforzare l'Ego è l'ottica callistenica (kállos 'bellezza' e sthénos 'forza'), una via di continuo confronto con se stessi e quindi con gli altri, cioè una via divisoria. Invece ridimensionare l'ego è l'ottica - per dirla con i Sufi - che porta all'essenza di se stessi e, nella misura in cui vado incontro alla mia essenza, posso andare incontro all'altro, cioè percorro una via unitiva. Ed è questo che vuole lo Yoga, l'ottica in cui ognuno di noi, allievi e insegnanti ancora di più, deve entrare. Infatti lo Yoga non è la risposta al 'che cosa?' o al 'come?' ma è la risposta al 'perché?'. Perché pratico e insegno? Quali delle due vie voglio percorrere? Qual è la motivazione profonda che mi porta tutti i giorni sul tappetino a praticare e insegnare? Perché da questa in ogni momento sono chiamato a una scelta che crea la volontà di significato della mia vita, che darà forma alla mia vita. Nessuno può rispondere al mio posto, nessuno può confrontarsi con questa Via al mio posto, nessuno può valutare il mio aderirvi o meno. Solamente io, con onestà, posso rinnovare quotidianamente questa scelta.


Certificazione o Formazione?

'Formazione' è una delle parole chiave della mia vita: nel senso di 'formare se stessi', e dunque non solo acquisire tecniche, che è qualcosa di ordinario, ma andare incontro a quello che emerge da noi in questo percorso personale. Vedo le mie paure, inadeguatezze, rigidità, resistenze, ma anche coraggio, volontà, risorse per andare incontro al nuovo: con questo intendo la 'formazione' di sé. È qualcosa di molto più ampio, profondo, foriero di crescita della semplice 'certificazione' oggigiorno tanto in voga. Una persona formata testimonia un certo tipo di energie: ha uno spessore e integrità ben precisi che non sono necessariamente riscontrabili in una persona 'certificata'. L'Ego vuole la certificazione. La formazione, invece, processo che dura tutta la vita, ne vuole il ridimensionamento. Ecco perché sarebbe più opportuno parlare di formazione 'del' Sé e non di formazione 'di' sé: un percorso che rivela nel tempo le nostre reali potenzialità come esseri umani che nemmeno mille diplomi possono dare. In questo senso sono pienamente d'accordo con le parole di Sharath Jois: ''I am against these one month Teacher Training Courses. These short cut methods to make instant Yoga teachers is the commercialisation of the practice and a huge disaster. You cannot become an Ashtanga teacher or any kind of teacher in one month. It's not possible. Don't cheat your student. It takes years of pure sadhana before you can teach.' 

Un modo di pensare che riguarda tutti noi, in cui dobbiamo incanalarci con pazienza e perseveranza, rinnovando sul tappetino questo proposito difficile e bellissimo così da portare anche nella vita di tutti i giorni la volontà di essere innanzitutto esseri umani migliori, oltreché insegnanti. 


Lo Yoga: crescita personale e responsabilità collettiva

Lo Yoga è soprattutto una via di integrazione: la graduale sintesi degli opposti che albergano in ognuno di noi. In questo senso un tipo di sintesi è quella rappresentata tra le nostre dinamiche individuali e tra quelle sociali. Infatti, spesso siamo troppo focalizzati sulla nostra crescita individuale e, sebbene inizialmente sia importante esserlo, per acquisire quella disciplina atta a consolidare il proprio centro di gravità permanente, in una fase successiva è necessario aprirsi al 'sociale'. Cioè uscire un po' da se stessi e osservare le reali necessità di chi ci sta di fronte, cioé entrare in un'ottica più relazionale, di maggior 'interessere'. Come è vero anche l'opposto per coloro che, per innata sensibilità, sono tendenzialmente proiettati verso le necessità altrui, trascurando, magari, i propri bisogni più autentici. In questo senso è importante non perdere di vista quella che è la 'generosità vera' come la definiscono i Sufi. Il racconto qui sotto, tratto dal libro di Idries Shah 'Imparare a imparare' lo spiega molto bene.

"Parlando con alcuni amici, un uomo seppe che un tale si trovava in una situazione critica. Egli si commosse e diede loro del denaro da consegnare al bisognoso. Un altro uomo, che aveva appena riscosso una certa somma di denaro, pur non avendo sentito parlare di nessuno in particolare, si mise alla ricerca di qualche indigente. Ne incontrò uno, e sovvennne ai suoi bisogni. Quale dei due uomini era veramente generoso? Risposta: nessuno. Questi due uomini erano generosi nel senso ordinario del termine, e facevano ciò che era stato insegnato loro a fare. Queste forme di generosità sono solo le premesse; al di là, c'è lo stadio per il quale dovrebbero costituire una preparazione. Poiché è raro che la gente vada al di là degli stadi preliminari, queste forme superficiali di generosità vengono confuse con il massimo della generosità. L'uomo veramente generoso è colui che fa un atto di generosità senza che nessuno lo venga a sapere, e se gli accade di essere scoperto da qualcuno si rifiuta di trarne un merito, sia col beneficiario che con chiunque. La vera generosità è talmente anonima che colui che la pratica deve essere pronto a sembrare privo di generosità, piuttosto che accettare di spiegarla."

Nel mio percorso personale quando ero un giovane praticante di Yoga, discipline psicofosiche e Meditazione, vedevo solo la mia crescita individuale. Tutto era orientato a questa: la pratica, l'alimentazione, lo stile di vita. Tuttavia, ad un certo punto, mi sono accorto che non progredivo più sul cammino perché ero troppo orientato su me stesso. E' stato necessario ampliare i miei orizzonti, imparare a 'vedere' l'altro per riprendere un cammino che rischiava di inaridirsi. Me stesso e l'altro con spirito unitivo: crescita personale e responsabilità collettiva. Anche questo è Yoga o meglio anche questo è ciò che tramite lo Yoga mi sento chiamato a realizzare.